| Cap.3 "Prendimi così,oppure lascia perdere!"
Io sono Silvia,per gli amici Sissi.Sono franco-Svizzera, del cantone francese (da parte di mio padre),e metà italiana (da parte di mia madre).Di conseguenza dovrei essere bionda (visto che dalle foto,i miei lo erano) ed avere una carnagione chiara.E invece sono tutto il contrario.Mora.Morissima.Occhi blu scuro.E olivastra,ma non troppo,lo è anche la mia pelle.Ho 20 anni,compiuti tre mesi dopo l'incidente. Non ho mai conosciuto i miei genitori:morirono bruciati dal fuoco,e la polizia riuscì a salvare solo me che avevo due mesi circa (almeno così c'è scritto sul verbale).E non ho nemmeno un ricordo di loro.Solo una foto del loro matrimonio. Già.La mia vita è stata non molto felice.Più che altro non come me l'aspettavo.Se si potesse,la sconsiglierei a chiunque:io,dal carattere ottimista e speranzoso,mi sono ritrovata davanti una vita abbastanza dura,e questo perchè la mia stessa vita è stata affidata,da quell'incosciente del giudice Passeri,a due persone del tutto inaffidabili,che ne avevano già le scatole piene della loro.Ecco.Fui affidata ai miei due zii,che di quella "Nana" non ne volevano sapere.Ma infondo erano gli unici parenti che avevo da parte di mio padre(visto che mia madre non aveva sorelle e i suoi genitori morirono abbastanza giovani).Loro vivevano a Scanno un paesino immerso nel verde dell'Abbruzzo, e facevano i pastori.Non navigavano nell'oro,ma se la cavicchiavano. La mia presenza,anche se non lo ammettono,gli è stata del tutto favorevole,perchè svolgevo quasi tutti i lavori dello zio e della zia.Infatti,come "regalo" per i miei sei anni,mi diedero dieci capre da pascolare,per l' estate e per i pomeriggi d'inverno,appena tornavo da scuola. Loro mi garantivano solo vitto e alloggio.Quasi fosse una sistemazione provvisoria! Lì a Scanno non ho mai avuto degli amici.Forse uno,che faceva il mio stesso,chiamiamolo così,mestiere.Ma i contatti con lui si persero il giorno della sua partenza per Roma. La mia vita andò avanti così.Mi piaceva, in fondo. Non accettavo,però, il fatto di fare da servetta a due buoni a nulla,ma amavo la montagna.La neve.Le valli.I fiumi.I suoi profumi e gli animali.Finchè, il giorno dei miei diciotto anni, arrivò una lettera dal quel maledetto giudice,che ora invece reputo "la mia salvezza",che diceva,per sommicapi,che io,avendo raggiunto la maggiore età e bla bla bla...potevo scegliere se restare o andarmene. A quel punto,i furbetti (che alla fine non lo erano) dei miei zii,fecero di tutto per convincermi a restare, ma io, no! Andai via di casa.Senza un tetto.Senza una meta. Si.Davvero.Me ne andai.
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